Scommesse: CTD se collegato a bookmaker illegale può lavorare, se vuole passare a concessionario ADM non può aprire. Il “paradosso” di Lodi

La giungla regolamentare che caratterizza il settore del gioco legale in Italia ha a volte effetti che sarebbero comici se non danneggiassero imprese e la vita delle persone. In questo libro degli orrori burocratici si iscrive a buon diritto il caso che ci è stato segnalato per il Comune di Lodi.

Il regolamento comunale per le sale giochi e l’installazione di apparecchi da gioco vigente a Lodi prevede, all’articolo 7, il distanziometro di 500 metri dai luoghi sensibili. La denuncia di inizio attività (SCIA), necessaria per l’apertura di una sala scommesse, deve riportare l’attestazione del requisito della distanza dai luoghi sensibili. Fin qui, nulla di nuovo rispetto a numerose normative locali. Tuttavia, contrariamente a quanto sostenuto dal TAR di Brescia circa la non estensione ad altre attività dei limiti previsti dal regolamento regionale, il regolamento estende alle sale scommesse quanto la regione Lombardia dispone per le Videolotteries. Ed anche qui nulla di nuovo rispetto al furore ideologico che abbiamo raccontato tante volte e che ha fatto travolgere le attività di gioco da parte di amministratori attenti al riscontro mediatico più che alle esigenze dei cittadini.

Ma cosa succede se un titolare di un esercizio collegato ad un bookmaker estero (senza licenza ADM) decide di passare nell’alveo del gioco legale? Ci aspetteremmo che tutte le istituzioni accolgano con favore l’affermarsi della legalità nel proprio territorio. E invece, un gestore che aveva spontaneamente chiuso la propria attività di CTD con il bookmaker estero, nel momento in cui ha deciso di riaprire collegato ad un concessionario ADM ha visto la propria istanza informalmente (per adesso) rigettata dal Comune per via del regolamento vigente sulle distanze. E, aver riconosciuto il diritto di lavorare legalmente e legittimamente, i gestori si trovano costretti paradossalmente a sostenere spese legali per i ricorsi in via amministrativa. Ricapitolando: l’esercizio collegato al bookmaker senza licenza poteva operare tranquillamente, ma se il gestore vuole entrare nell’alveo del gioco legale non può aprire.

Prima ancora di qualunque considerazione sul merito della vicenda,  certi che l’amministrazione comunale di Lodi ha agito in assoluta buona fede non comprendendo appieno le implicazioni della regolamentazione vigente, ci chiediamo quante situazioni come quella di Lodi ci sono in Italia. Ovvero, in quanti comuni i regolamenti vigenti in materia di giochi finiscono, inconsapevolmente, per frenare il passaggio verso il gioco legale da parte di esercenti e gestori? sb/AGIMEg

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