330: il numero “nero” di sale giochi, sale scommesse e sale bingo
Esattamente un anno fa l’Italia dei giochi ripiombava nel secondo lockdown. Dopo le chiusure imposte in primavera dal Governo per fronteggiare la pandemia, che costrinsero sale giochi, sale scommesse, sale bingo e casinò a restare chiuse per 100 giorni, il settore si trovò improvvisamente di nuovo chiuso: il 26 ottobre 2020 furono infatti nuovamente sospese le attività di gioco, con l’eccezione dei corner con slot e scommesse, che tuttavia subirono la stessa sorte dopo pochi giorni. Il secondo lockdown fu molto più lungo e più duro rispetto al primo. Le imprese del settore, già duramente provate dal primo stop, si trovarono per più di 230 giorni a tenere chiuse le saracinesche, in attesa di un miglioramento epidemiologico che arrivò solamente a ridosso dell’estate. In totale, quindi, tra primo e secondo lockdown, le imprese di gioco rimasero chiuse mediamente 330 giorni. A metà giugno 2021, il Governo allentò le restrizioni. Così come accaduto dopo il primo lockdown, tuttavia, le attività di gioco furono tra le ultime a riaprire, e solamente nelle regioni in zona ‘bianca’, ovvero con un numero di contagi limitato.
Di fatto il lockdown ha imposto un periodo di fermo prolungato al gioco pubblico, che ha avuto delle conseguenze inevitabili sulle entrate. Secondo quanto dichiarato dal direttore di ADM Marcello Minenna, la chiusura del gioco legale ha generato una traslazione più o meno consapevole del consumatore finale verso il gioco illegale ed è quantificabile in 20 miliardi di euro il giro d’affari del gioco illegale, che comporta un danno per l’Erario di circa 4 miliardi di euro. Aumentate, con il doppio lockdown delle sale giochi legali, le operazioni delle forze dell’ordine contro attività illegali spesso gestite da organizzazioni criminali.
A distanza di un anno da quel secondo lockdown, che ha messo in ginocchio imprese e lavoratori del comparto, Agimeg ha intervistato i protagonisti delle principali organizzazioni del settore del gioco, che nei lunghi giorni di chiusura hanno combattuto a testa alta per vedere riconosciuto il proprio diritto a poter riaprire e lavorare così come qualsiasi altra attività economica. Cosa ricordano di quel 26 ottobre di un anno fa? E cosa è cambiato, a distanza di un anno, per il settore del gioco?
“Ad un anno di distanza dal secondo lockdown, oltre ad un progressivo ritorno alla normalità, si registra un’evoluzione delle condizioni di mercato. Oggi si sente sempre più parlare di omnichannel, la pandemia ha accelerato un fenomeno già in corso. E’ l’esito di un mutamento dei tempi. In termini di raccolta generale il settore sta tornando lentamente ai livelli di pre-pandemia, ma se guardiamo l’equilibrio interno del settore gran parte della raccolta arriva proprio dall’online. In questa prospettiva l’omnichannel potrebbe essere una soluzione. Le soluzioni ci sono già, vanno colte ed indirizzate, il mercato anticipa sempre le norme. Nel futuro sarà importante canalizzare il gioco in circuiti controllati: la canalizzazione avviene cogliendo le evoluzioni del mercato ed accompagnandole nell’alveo della legalità”.
“Quando abbiamo riaperto quest’anno, lo abbiamo fatto seguendo tutte le regole, regole che poi sono state amplificate dall’obbligo del Green Pass. Ora sostanzialmente siamo rientrati in una situazione di normalità, il Green Pass ha dato una tranquillità non solo al nostro settore, ma anche ad altri comparti, come la ristorazione. Siamo tornati alla normalità da punto vista dell’accesso agli ambienti di gioco, ma non dei costi, in quanto il far rispettare tutte le regole – che condividiamo – ha un costo. Ritengo che con l’attuale normativa il Green Pass sia un passaggio utile, siamo uno tra i Paesi meno toccati dalle varianti, e mi auguro che abbiamo raggiunto una certa normalità in non normalità generale, vista la situazione pandemica a livello globale”.
“Abbiamo riaperto con un aumento di tassazione e sempre con la tessera sanitaria per gli esercizi dedicati: ancora stiamo subendo un calo in termini di persone e di fatturato. Il gioco si è sviluppato altrove. Il Green Pass ci ha permesso di riaprire, ma chi si è abituato a giocare online in questi lunghi mesi è un giocatore che abbiamo perso. Difficilmente tornerà in una sala, sceglierà altri tipologie e modalità di gioco. Mi auguro che il settore possa riprendersi come prima della pandemia, ma sarà difficile, visto che ancora a metà ottobre i numeri sono in negativo. Spero che il nuovo sottosegretario al Mef con delega ai giochi, Federico Freni, possa evitare che il settore venga nuovamente dimenticato. Serve una riforma del comparto non più rinviabile, serve un appoggio da parte del Governo in grado di finalizzare nel più breve tempo possibile i buoni propositi enunciati”.
“Per quanto riguarda il tema dei supporti economici al settore, lo discuteremo nel corso dell’iter di Bilancio, certamente un anno di non operatività conta per tutti, soprattutto per le sale più piccole, per gli imprenditori indipendenti. A tal proposito stiamo strutturando nuove analisi sui dati in nostro possesso, certamente la rete delle sale scommesse, dei bingo e delle sale con apparecchi – e ancora di più dei punti generalisti senza lotterie – è molto più ridotta rispetto al 2019. Un fenomeno non solo relativo all’andamento del mercato, ma dovuto soprattutto agli effetti del Covid. Mi auguro che dal lato istituzionale si analizzino con attenzione questi dati per garantire una effettiva sostenibilità dell’offerta regolamentata”, ha concluso Cangianelli.
“A distanza di un anno la ripartenza è dura, in quanto dopo tanti mesi di chiusura il mercato è cambiato profondamente. L’affluenza che c’era prima, ora non c’è più. I giocatori si sono disabituati a venire in presenza. Non è un caso che l’online è cresciuto del 40%. La mia preoccupazione come rappresentante e come operatore del settore è che se c’è minor crescita economica, i conti non tornano. Se diminuisce il fatturato, ma i costi sono inalterati, l’azienda va in grande sofferenza. Tuttora abbiamo delle limitazioni il problema è la difformità di regole. Per andare in metropolitana o al centro commerciale non viene chiesto il Green Pass, mentre in altre situazioni vi è l’obbligo. Perché non viene utilizzato un unico metro di giudizio? Sicuramente senza Green Pass rischieremmo una nuova chiusura e non possiamo permettercelo. Dal Governo ci saremmo aspettati – visto il periodo emergenziale – provvedimenti emergenziali ad hoc per il nostro settore, come la riduzione dell’imposta unica dei prelievi erariali, che andrebbe a compensare le perdite dovute non per nostra responsabilità. Oggi il mercato è completamente stravolto, chiedo ai concessionari grande attenzione verso la rete, affinché siano più malleabili, tolleranti, in quanto la rete è in grande sofferenza. Il problema è far tornare i clienti in agenzia: il concessionario sull’online fa tante promozioni, noi in agenzia non possiamo fare nulla, per questo abbiamo bisogno dell’aiuto dei concessionari. Non dimentichiamo che la rete fisica è presidio di comunicazione, l’insegna dell’agenzia è la vera pubblicità che ricorda al cliente l’importanza e la legalità del marchio. Oggi purtroppo la rete fisica può contare solamente su pochi prodotti: l’ippica è in forte sofferenza, le Vlt pagano la tessera sanitaria e le imposte sul prelievo delle vincite superiori ai 200 euro, le scommesse sportive sono condizionate dai risultati delle gare. Restano solamente le virtual e le Awp, ma un’attività non si puo’ reggere solo su due prodotti. Serve una riforma che allarghi alla rete fisica tutte le tipologie di gioco, per ampliare la platea dei giocatori, altrimenti non potremo resistere a lungo. Noi operatori chiediamo regole che portino a crescita e sviluppo, non a repressione. Siamo pronti a sederci ai tavoli di confronto, perché solo con il confronto si può crescere insieme a beneficio del settore”.
“Del 26 ottobre scorso ricordo però anche la paura di dover affrontare una nuova chiusura e, in realtà, di prendere poi coscienza, con il passare del tempo, del fatto che questa chiusura durava molto di più rispetto al primo lockdown. La paura di non farcela, io in primis e con me l’intero settore che veniva già da anni difficili. Come avrebbe potuto affrontare una situazione del genere?”.
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