As.Tro su esenzione Iva per esercenti giochi: “Invitiamo le Amministrazioni ad una corretta interpretazione per evitare numerosi contenziosi di fronte alla giustizia tributaria”

“In qualità di associazione di rappresentanza degli operatori del gioco lecito, e a seguito di alcune segnalazioni pervenuteci, intendiamo con la presente evidenziare quella che a nostro avviso appare come un’anomalia che sta emergendo, in occasione di verifiche e controlli svolti presso gli esercizi in cui sono installati gli apparecchi di cui all’art. 110, comma 6 del TULPS, con riguardo all’applicazione, nell’attuale contesto, dei principi contenuti nelle sentenze indicate in oggetto: sulla base di detti principi, gli organi accertatori stanno infatti irrogando sanzioni, a carico degli “esercenti” e dei “gestori” per omessa regolarizzazione di fatture per operazioni di acquisto di servizi, non emesse dal prestatore. La problematica riguarda, nello specifico, l’ammissibilità dell’esenzione IVA, prevista dal combinato disposto degli artt. 10, primo comma, numero 6, del d.P.R. 633/72 e 1, comma 497 della legge 311/2004, anche nei confronti degli esercenti presso i cui esercizi sono collocati gli apparecchi da gioco, per i compensi dagli stessi percepiti per le attività svolte nell’ambito della raccolta di gioco”. E’ quanto si legge nella lettera di As.Tro inviata all’Agenzia delle Entrate, Comando Generale della GDF, all’Agenzia delle Dogane e Monopoli e al sottosegretario al Mef, Federico Freni. “Ciò che ci preme segnalare alle Autorità in indirizzo è che, con le suindicate sentenze, la Suprema Corte, nel risolvere la questione, negando l’esenzione dell’IVA per tali compensi, indica, a supporto della decisione, dei presupposti di fatto (evidentemente emersi nel corso dei rispettivi processi riferiti ai primi anni di attività di raccolta mediante apparecchi con vincita in denaro, segnatamente gli anni 2005, 2006 e 2007) che non sono più riscontrabili nell’attuale contesto normativo e contrattuale in cui si inseriscono i rapporti tra concessionari, gestori ed esercenti. L’elemento dirimente da prendere in considerazione, per valutare l’applicabilità dei principi (e relativi presupposti fattuali) richiamati nelle sentenze in esame all’attuale quadro evolutivo del sistema, riguarda principalmente la corretta individuazione del soggetto beneficiario delle prestazioni rese dall’esercente, accessorie alla mera raccolta delle giocate ma ad essa comunque funzionali e, di conseguenza, il soggetto giuridico in capo al quale è riferibile l’obbligo di pagamento del conseguente corrispettivo. Dalla lettura della motivazione delle richiamate sentenze si evince infatti che i presupposti di fatto che hanno motivato le decisioni erano i seguenti: i) il rapporto diretto tra concessionario ed esercente si instaurava soltanto quando il concessionario decideva di incaricare lo stesso esercente per l’attività di mera raccolta delle giocate. Non era quindi ravvisabile alcun rapporto contrattuale intercorrente tra concessionario ed esercente. ii) Emerge inoltre, sempre scorrendo nella lettura degli elementi fattuali rilevabili nelle due sentenze, che ogni altra attività svolta dall’esercente, correlata alla raccolta delle giocate (messa a disposizione dei locali, vigilanza sul corretto funzionamento delle macchine, l’informativa agli utenti) rientrava tra le prestazioni oggetto di un autonomo e separato contratto intercorrente tra gestore ed esercente, rispetto al quale il concessionario rimaneva del tutto estraneo. È con riferimento a quest’ultimo assunto che le richiamate sentenze escludono l’esenzione dell’IVA prevista dall’art. 10, primo comma n. 6, del d.P.R. 633/72. Sempre sulla base del presupposto che le prestazioni “accessorie” fossero oggetto dei rapporti contrattuali tra gestore ed esercente, la Corte di Cassazione ha inoltre escluso l’applicabilità, per le fattispecie dalla stessa esaminate, dell’art. 12 del d.P.R. 633/72, in base al quale, alle prestazioni accessorie si applica la disciplina tributaria prevista per la prestazione principale. Ha infatti affermato la Corte che tale disposizione <<non trova applicazione nel caso in esame in cui la prestazione principale (quella relativa alla raccolta delle giocate – N.d.r.) ha quale diretto beneficiario un soggetto – il Concessionario – mentre quella ritenuta accessoria uno diverso – il gestore). Ebbene, quest’ultima affermazione della Corte nonché le ulteriori caratteristiche dei rapporti concessionario – gestore – esercente, delineati nella motivazione delle sentenze in esame e qui evidenziati nei punti i) e ii), non sono più riscontrabili nell’attuale quadro sistematico che regola i rapporti di filiera relativa al gioco mediante apparecchi di cui all’art. 110, comma 6 del TULPS”.

La situazione attuale

“1) In virtù dell’art. 19, comma 2, dello “Schema di atto di convenzione” adottato dalla Agenzia delle Dogane e dei Monopoli il 12 agosto 2011 (quindi in data successiva all’emissione dei provvedimenti di accertamento dalla cui impugnazione è scaturito il procedimento giudiziario conclusosi con le richiamate sentenze della Corte di Cassazione), <<il concessionario è tenuto a stipulare con l’esercente un contratto che deve prevedere i seguenti contenuti minimi (…)>> (doc. in allegato). 1.2.) Tra i contenuti minimi che devono obbligatoriamente essere inseriti nei contratti tra esercente e concessionario sono annoverate tutte quelle prestazioni a carico dell’esercente (come, ad esempio, la vigilanza sul corretto funzionamento delle macchine, l’informativa agli utenti, l’organizzazione di attività ausiliarie alla raccolta, ) che, nelle sentenze in esame, sono state invece ritenute rientrare tra i contenuti di un autonomo rapporto tra gestore ed esercente che individuava il primo come beneficiario delle prestazioni rese dal secondo. 1.2.1.) A causa del mutato quadro di riferimento appena descritto, per l’appunto caratterizzato dal fatto che il beneficiario delle prestazioni dell’esercente è ora da considerarsi il concessionario e non più il gestore, ne consegue il venir meno delle ragioni ostative (evidenziate dalla Cassazione) all’applicazione, in tema di ammissibilità dell’esenzione IVA per gli esercenti, dell’art. 12 del D.P.R. 633/1972”.

“2) Quanto appena descritto, si riverbera anche sul sistema che attualmente regola la fissazione e contabilizzazione dei compensi. Gli attuali “modelli di contratto” adottati dai concessionari (e sottoposti all’approvazione di ADM) demandano al gestore la fissazione del compenso dell’esercente, per conto del concessionario medesimo, da calcolare sul residuo della raccolta rinvenuta presso gli apparecchi (somme giocate detratte le vincite erogate) che comprende anche il Prelievo Erariale, il canone di concessione ed il compenso del concessionario. Tale accordo – prosegue As.Tro – è poi formalmente recepito dal concessionario, il quale infatti, nella rendicontazione che invia al gestore e all’esercente, finalizzata alla determinazione dell’importo residuo della raccolta da versare al concessionario, risulta già evidenziata la ripartizione dei compensi tra gestore ed esercente, la cui elargizione è quindi da considerarsi giuridicamente a carico del concessionario, in quanto beneficiario delle prestazioni a cui sono parallelamente tenuti sia l’esercente che il gestore nonché in qualità di unico soggetto responsabile della raccolta delle giocate (di cui una parte deve essere appunto destinata alla remunerazione dello stesso concessionario e dei soggetti privati con esso contrattualizzati). Ciò si traduce, da un punto di vista contabile, nel fatto che gestori ed esercenti procedono a contabilizzare e dichiarare ognuno la propria parte di compensi percepita sulla base degli importi puntualmente evidenziati nel “rendiconto” predisposto ed inoltrato dal concessionario (tale ricostruzione trova conferma anche nella circolare dell’ADE del 7 marzo 2014 << Metodologia di controllo Sale Giochi e biliardi>>). Il fatto che nella prassi sia il gestore, alla presenza dell’esercente, ad occuparsi del c.d. “scassattamento” (ossia del prelievo delle somme incamerate negli apparecchi) e quindi del materiale riversamento all’esercente della quota di compenso a lui spettante, non trasforma l’importo incamerato dall’esercente in un corrispettivo dovutogli dal gestore in forza di un rapporto contrattuale con esso intercorrente. Infatti, in tali ipotesi, la materiale corresponsione all’esercente, da parte del gestore, della quota evidenziata nella distinta inoltrata dal concessionario, costituisce un mero adempimento che il gestore effettua per conto del concessionario stesso che è il reale destinatario delle prestazioni svolte dall’esercente. Sul tema è intervenuta a più riprese la stessa Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, per precisare che devono intendersi esenti da iva i compensi percepiti da tutti i soggetti contrattualizzati dal Concessionario le cui prestazioni devono ritenersi necessarie ed indispensabili per la raccolta di giocate (quali a maggior ragione le prestazioni dell’esercente, senza il quale non si potrebbe realizzare alcuna raccolta di giocate). Diversi invece i casi oggetto di giudicato della Suprema Corte che, come detto, si riferivano agli anni antecedenti l’attuale convenzione di concessione, nei quali i concessionari, si limitavano per lo più a sottoscrivere i contratti esclusivamente con i gestori e a rendicontare loro l’intera quota residua di compensi da ripartirsi poi con gli esercenti”.

CONCLUSIONI

“Poste le suddette premesse, e constatato che le fattispecie prese in esame dalla Corte di Cassazione nelle due sentenze in esame differiscono da quelle che possono scaturire dalle prassi normative e contrattuali vigenti, si ritiene che, ai sensi degli artt. 10 e 12 del DPR 633/72, non possa applicarsi l’IVA sui compensi a favore dell’esercente rendicontati dal concessionario anche se poi materialmente versati dal gestore. La presente quindi per sensibilizzare le amministrazioni e le autorità in indirizzo affinché, ciascuna nel suo ambito di competenza, possano favorire una corretta interpretazione della vicenda in esame, anche da parte del personale preposto ai controlli a agli accertamenti, che permetta di evitare l’insorgenza di un numero rilevante di contenziosi dinanzi alla giustizia tributaria con i conseguenti ingiustificati oneri a carico degli operatori coinvolte oltre che della stessa Amministrazione”, conclude la lettera di As.Tro. lp/AGIMEG

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