Pastorino (STS): “Tassazione sul gioco in Italia quattro volte superiore alla media europea”

“Non si può parlare di riordino senza risolvere la questione territoriale. Io non ho mai messo in discussione la buona fede degli enti locali, ma i comportamenti non sono stati omogenei. Credo che alla base di questi provvedimenti ci sono due questioni: un equivoco di fondo e strumenti non adatti a perseguire lo scopo della tutela della salute – Ha dichiarato Giorgio Pastorino presidente STS nel corso della presentazione del report “Oltre le incertezze. Verso il riordino del gioco legale” di I-Com – “L’equivoco deriva dal fatto che, come testimoniano le sentenze, gli interessi di tutela della salute pubblica sono predominanti sugli interessi privati.

Ciò è perfettamente comprensibile, ma è meno comprensibile il salto logico che porta questa affermazione alle emanazioni di divieti. Il divieto dovrebbe presupporre che cancellando un prodotto si cancelli anche la domanda ma ciò non accade. Poi c’è il problema degli strumenti: la Regione aveva solo il distanziometro e i Comuni solo gli orari. Entrambi sono stati utilizzati in maniera restrittiva senza raggiungere effetti evidenti dal punto di vista di tutela della salute.

Questa visione andrebbe superata e passare ad una rimodulazione del settore del gioco che parta da un ripensamento del numero di punti presenti sul territorio. Un numero chiuso di soggetti che possano vendere il gioco che limiterebbe qualsiasi obiezione sull’offerta territoriale. Lo si può fare partendo dalle reti che sono più professionali, ovvero le sale gioco che sono dedicate ad un prodotto o l’altra rete ancora più specializzata sono le tabaccherie che offrono la maggior parte dei prodotti di gioco presenti e lo fanno da molto prima che esistessero le sale.

Una volta fatta questa scelta e capito se la distribuzione è sufficiente a coprire la domanda bisogna pensare ad un innalzamento della professionalità dei punti vendita e questo si deve fare attraverso la sensibilizzazione nei confronti del tema delle dipendenze da gioco. In questo caso deve essere fatta una collaborazione continua con i territori che deve coinvolgere le imprese che vendono gioco e che vogliono essere sempre più sostenibili e professionali.

Se poi esistono strumenti tecnologici per controllare il giocatore e evitare i comportamenti eccessivi sono ben accetti. Va anche fatta una armonizzazione generale di tutte le norme che possono coinvolgere il gioco. Bisogna ricordare che ci sono norme che non sembrano incidere direttamente sul gioco ma che creano effetti deleteri. Un esempio su tutti: il Centro Trasmissione Dati. Nel 2021 l’Italia non è né un paese un via di sviluppo né un paese che soffre di digital divide eppure esiste ancora la figura del CTD che in teoria dovrebbero fornire un servizio di connessione a cittadini, che peraltro ormai nascono con lo smartphone connesso nella culla, ma poi spesso sono oggetto dei controlli e sequestri da parte di ADM poiché i pc al loro interno vengono utilizzati per raccogliere gioco in maniera non autorizzata.

Questo è uno dei tanti esempi di norme che non sembrano essere correlate ma che invece creano molti problemi. Quindi il lavoro da fare è lungo. E’ vero che il nostro primo problema è decidere se riusciamo a sopravvivere oppure no, ma è anche vero che lo Stato da una parte crea problemi e dall’altra è sempre lì a chiedere denaro quando c’è da fare la legge di stabilità.

Il problema è che la tassazione sul gioco in Italia è arrivata, in alcuni casi, ad essere quattro volte superiore alla media europea e questo mette in crisi la filiera e le piccole imprese che non riescono a reggere la tassazione. Il tutto impedendo di fare investimenti sulla tecnologia necessaria.

Noi, con il Covid, abbiamo perso due anni di lavoro con un detrimento dei volumi di vendita delle nostre attività ma anche di un impoverimento delle concessioni terrestri in particolare. Al di là delle proroghe tecniche sulle concessioni che non si riescono in nessun modo ad ambire fino a che non ci sarà un riordino, io auspico una proroga generale di almeno due anni di tutte le concessioni, anche a titolo oneroso affinché non ci siano danni per l’erario ma in modo da consentire quel lavoro di innovazione. Spesso le regole di ingaggio vengono definite all’atto del bando e poi per nove vengono congelate. Il mercato si muove velocemente e quindi io credo che si debba fare anche una valutazione sulle regole per consentire che le aziende siano più competitive”. ac/AGIMEG

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