Speciale Banche e gioco: operatori umiliati e danneggiati dagli Istituti di credito. Cosa accade e cosa fare

In attesa del riordino del settore del gioco, chiamato a dare una cornice normativa omogenea al comparto, superando le distinzioni in materia oggi esistenti tra Regione e Regione quando non tra Comune e Comune, uno dei problemi più spinosi con i quali si deve confrontare ogni giorno chi ha un’attività di gioco è quello della stretta sul credito imposta unilateralmente dalle banche.
Sono infatti sempre più le segnalazioni di attività che si vedono impossibilitate a lavorare a seguito della chiusura del proprio conto corrente, imposta dagli istituti di credito per una non meglio definita policy aziendale che mette gli operatori di gioco tra i soggetti non graditi, dimenticando però che si tratta di operatori legali, autorizzati dallo Stato a raccogliere gioco, e le cui risorse vanno a remunerare i giocatori, la filiera, ma soprattutto le casse erariali.
Sul tema, non nuovo per gli addetti ai lavori, ma sempre di grande attualità in quanto rappresenta un vulnus per l’intero comparto, si è espresso il senatore di Fratelli d’Italia, Andrea de Bertoldi, capogruppo FdI nella Commissione d’inchiesta sul sistema bancario e finanziario, che ad Agimeg ha dichiarato: “La politica deve fare il proprio ruolo. E’ impensabile che le banche possano discrezionalmente decidere di chiudere un conto corrente a chi legalmente opera nel settore del gioco”. “Nei mesi scorsi è stato presentato dal senatore Armando Siri (Lega) un disegno di legge, ad oggi ancora fermo, che prevede l’obbligo per le Banche di aprire un conto corrente a qualunque cittadino o impresa lo richieda. Non è pensabile infatti, tenendo conto che la legge non consente transazioni finanziarie oltre i 2 mila euro in contati, un cittadino qualunque non possa avere un conto corrente. All’obbligo imposto ai cittadini dallo Stato di avere un conto corrente, deve corrispondere un altrettanto obbligo delle banche a mettere a disposizione il servizio”.
“Ormai non si tratta più di un rapporto privatistico tra banca e cittadino, vi è bensì una funzione pubblica della banca. Per questo motivo – ha proseguito De Bertoldi – è necessaria una norma di legge che preveda che gli istituti di credito riconoscano il diritto di possedere ed utilizzare un conto corrente. Il fatto che le banche chiudano conti e revochino fidi agli operatori di gioco è assurdo. Serve creare una condizione per la quale gli aspetti finanziari non vengano lasciati alla discrezionalità delle banche. Finché non si approva una norma di legge che sancisca questo diritto, non ne usciremo. Va riconsiderata la natura pubblicistica delle banche nell’ottica di un interesse pubblico. Così come un concessionario nei rapporti con lo Stato non può fare quello che vuole, ma deve seguire certe prescrizioni pubbliche, allo stesso modo nel credito le parti devono essere vincolate: gli operatori di gioco devono avere il diritto di avere un conto, non può essere facoltà della banca attribuirlo, a maggior ragione in quanto tutti i soggetti della filiera lavorano per conto dello Stato”, ha concluso.
“La questione della chiusura dei conti correnti per chi lavora nel mondo dei giochi, che siano gestori o titolari di sale scommesse, resta una ferita aperta. Ogni giorno registriamo difficoltà da parte dei nostri associati, che si vedono chiudere i propri conti da non meglio definite ‘policy etiche’ delle banche. E’ un qualcosa di assurdo. Abbiamo più volte segnalato alla politica questa criticità, ma il settore del gioco continua a pagare uno stigma reputazionale”, ha invece affermato Domenico Distante, Presidente di Sapar. “Ci troviamo di fronte ad una battaglia difficile da vincere, i nostri gestori – respinti dalle banche – si devono letteralmente umiliare per chiedere l’apertura di un conto alle Poste, ma la risposta è sempre la stessa. Mi chiedo come si possa consentire una cosa del genere. I gestori hanno un ruolo fondamentale nella filiera, devono essere tutelati, ma tutti coloro che operano in questo settore – prosegue Distante – meritano di poter lavorare come un qualsiasi altro comparto produttivo, senza alcun tipo di ostacolo”.
“Risolvere l’annosa questione della chiusura da parte delle banche dei conti correnti degli operatori di gioco è una priorità assoluta. Senza un conto corrente, infatti, vengono meno le possibilità di adempiere a quanto ci è chiesto dallo Stato. Se ci viene richiesto di pagare in modo tracciabile le vincite, o di pagare le imposte, senza un conto corrente manca la base primaria di tutto”. E’ il commento di Pasquale Chiacchio, presidente A.G.S.I., che assicura come l’Associazione stia facendo di tutto per risolvere queste problematiche. “Noi non demordiamo, quello dell’accesso al credito è tra i principali problemi che affliggono la categoria, oltre alla richiesta di uniformità, di regole identiche su tutto il territorio nazionale, della sostenibilità delle imprese, dei finanziamenti. In questa situazione così difficile chiediamo una mano ai concessionari, affinché ci aiutino a livello di rapporto con gli istituti di credito. E’ per loro che lavoriamo, sono loro che ci chiedono di attuare tutte le misure antiriciclaggio, ma senza avere un conto corrente non possiamo farlo. In altre parole – conclude Chiacchio – a causa dell’atteggiamento delle banche non possiamo rispettare le regole che lo Stato ci chiede di rispettare”.
“Purtroppo neanche la politica è in grado di risolvere il problema della chiusura dei conti correnti alle attività di gioco. E’ una situazione molto pesante che si va ad aggiungere a tutte le altre problematiche. La soluzione è molto difficile da trovare”, ha invece affermato Antonia Campanella, presidente del Comitato Donne In Gioco, sulla questione della policy bancaria che impedisce l’apertura, e sempre più impone la chiusura, di conti correnti alle imprese di gioco. “Le banche praticamente scelgono chi avere tra i propri correntisti. Noi operatori di gioco evidentemente diamo fastidio in quanto movimentiamo contante, raccogliamo e depositiamo denaro, e ciò evidentemente deve essere giustificato dal singolo istituto di credito alla Banca centrale. Purtroppo è un problema più grande di noi, vi è un rifiuto del nostro settore, eppure tra tante attività economiche siamo tra le più trasparenti. Dovremmo essere premiati e non bistrattati. Sottostiamo a tutto quanto, ma stiamo continuando a subire. Ci si dimentica che siamo esattori dello Stato, raccogliamo il denaro delle giocate rischiando sulla nostra pelle, portiamo i soldi all’erario e nonostante questo veniamo colpiti ingiustamente. Tra l’altro ricordo che nel nostro settore c’è la revoca della licenza in caso di pendenza fiscale. Nessun altro settore è così rigido. Tutto ciò comporta che la nostra offerta è sempre più impari rispetto a quella illegale. Chiediamo – conclude Campanella – che la politica coinvolga chi è nelle sale tutti i giorni, chi lavora sul territorio, mentre continuare a colpire il settore legale non fa che portare il mondo del gioco indietro di 30 anni”. cr/AGIMEG

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